L´articolo di Enrico Arosio "Il libro nero delle SS italiane" uscì ne L´Espresso del 19 aprile 2001, ovvero neanche un mese dopo l´uscita del libro, e diede la stura ad alcuni episodi piuttosto divertenti nonché emblematici delle difficoltà che si hanno in Italia oggigiorno se si vuole parlare di certi argomenti rispettando i tre requisiti che informano il nostro modo di fare ricerca storica.
Innanzitutto facciamo una piccola "critica alla critica", analizzando brevemente l´articolo di Arosio.
È innanzitutto evidente che l´articolo è stato scritto allo scopo di attaccare alcune persone citate nel libro, piuttosto che di illustrare i contenuti dell´opera. In particolare viene preso di mira innanzitutto il prof. Pio Filippani-Ronconi, attaccato per l´occasione anche con citazioni da un´altra intervista che alludevano a suoi presunti (e ribadiamo presunti) coinvolgimenti con fatti a sfondo terroristico e che lo facevano passare per un pericoloso estremista dal passato, sia remoto che recente, sanguinario.
Innanzitutto ci conforta molto sapere che il professore se ne impipa altamente di articoli del genere, inoltre ci dispiace assai che Arosio non abbia evidentemente mai avuto modo di conoscere il prof. Filippani-Ronconi. Intendiamoci: ci dispiace per Arosio, perché se avesse avuto occasione di parlare con il professore anche solo per una manciata di minuti si sarebbe accorto di avere di fronte una personalità così eccezionale e unica e con una cultura così vasta e profonda da lasciare letteralmente stupefatti e ammirati, e si sarebbe sicuramente astenuto da un attacco tanto volgare quanto ingiustificato.
Altro personaggio attaccato, anche se con una sola frase, è Ajmone Finestra: mai stato membro delle SS, ha il "torto" di aver comandato un reparto della RSI impegnato in operazioni antipartigiane e, soprattutto, di essere, all´epoca della stesura dell´articolo, il sindaco di Latina eletto nelle file di Alleanza Nazionale. Cosa c´entri Finestra con le SS italiane non si sa, ma evidentemente tutto fa brodo pur di attaccare in qualunque modo un esponente della destra.
Si parla un po´ di De Robilant, ma senza acrimonia, visto che evidentemente la famiglia non annovera attualmente esponenti della destra italiana.
Arosio, come visto, scrive in malafede al solo scopo di attaccare personaggi più o meno politicamente impegnati a destra, infischiandosene delle 425 pagine del libro. Ciò è ulteriormente dimostrato dal fatto che oltre ai personaggi citati nell´articolo ve ne sono altri, nel libro, suscettibili di attacchi vari ma che, non molto stranamente, non vengono menzionati.
Fra questi il più importante è il W-Ustuf. Massimo Flick, del quale a pag. 99 è pubblicata la foto che lo vede appena decorato di Croce di Ferro per il suo comportamento al fronte di Anzio. Flick, oltre a essere un ufficiale in gamba, comandante di plotone della 2. Kp./II./Jäger-Regiment 1 al fronte di Anzio e poi W-Ostuf. con incarico III (tribunale militare) del II./WGRdSS 81, era lo zio di Giovanni Maria Flick, Ministro di Grazia e Giustizia del governo Prodi dal maggio 1996 all´ottobre 1998 nonché attualmente giudice della Corte Costituzionale... quindi Arosio, se si preoccupasse di esercitare il mestiere di giornalista con la dovuta correttezza, avrebbe dovuto fare perlomeno un accenno anche a questo "scomodo" personaggio.
A proposito del libro, che in teoria è l´oggetto dell´articolo, Arosio spende in tutto solamente queste tre frasi:
- "È la più completa ricostruzione apologetica di una pagina tetra della guerra civile"
- "Fa effetto rileggere quegli organigrammi, con la maniacale indicazione nel lessico SS"
- "Il libro di Corbatti e Nava ricostruisce con minuzia la composizione delle brigate, delle compagnie, dei reggimenti"
Frase 1) Da una telefonata tenutasi successivamente all´uscita dell´articolo fra Corbatti e Arosio, della quale parleremo diffusamente in seguito, si è venuto a sapere che l´Arosio stesso ha, almeno a suo dire, effettivamente letto il libro. Pertanto è chiaro che accusarci di apologia - di cosa poi non si sa, visto che la "ricostruzione apologetica" non è riferita a nessun oggetto - che presumiamo sottintenda "del fascismo" o "delle SS" o affini vuol dire essere in perfetta malafede, in quanto sfidiamo chiunque a trovare nel testo anche solo una frase che possa suonare come "apologetica" di qualsiasi cosa o concetto.
Frase 2) Non si sa bene quale sia l´effetto che Arosio prova leggendo gli organigrammi, tuttavia l´aggettivo "maniacale" ci sembra completamente fuori luogo: gli aggettivi "preciso" o "puntuale" o analoghi sarebbero ben più pregnanti.
Frase 3) Frase esatta, con il solo errore che "le brigate" erano in realtà una sola e quindi al massimo abbiamo potuto ricostruire la composizione della brigata.
Etichettare il libro come "apologetico" non è stato quindi un atto, diciamo così, "simpatico", così come non è stato "simpatico" scrivere un articolo così pieno di inesattezze e rancore verso di noi e soprattutto verso il Prof. Filippani-Ronconi. Venire però a chiedere aiuto per difendersi da accuse reputate menzognere proprio alle persone oggetto delle proprie menzogne non solo non è "simpatico", ma è anche clamorosamente ipocrita e sfacciato ma, incredibilmente, è proprio quello che è successo!
Pochi giorni dopo la pubblicazione dell´articolo di Arosio, esattamente il 15.4.01, il quotidiano "Libero" pubblicò il seguente articolo:
Come si vede, quindi, una pesante e molto evidente risposta a "L´Espresso", che mise in notevole difficoltà il settimanale. Pertanto, pochi giorni dopo, fummo contattati tramite la casa editrice Ritter dal sig. Arosio, che disse di voler parlare con noi! Incuriosito e anche piuttosto arrabbiato per l´articolo e le menzogne sparse a piene mani sul libro, io (Corbatti) chiamai il giornalista.
Questo cominciò a tessere lodi e a complimentarsi con noi! Disse che la storia era scritta benissimo, le ricerche veramente approfondite e serie, i termini tedeschi precisi e senza errori... Al ché gli domandai, in modo invero un po´ brusco, perché aveva scritto che il libro era apologetico del nazismo se in realtà lo aveva letto, si era accorto che era invece estremamente imparziale e che aveva addirittura apprezzato la profondità delle ricerche e la correttezza del linguaggio impiegato. La sua risposta, alquanto incredibile e veramente significativa (in negativo) è stata che, per lui,
parlare in modo obiettivo, e non negativo, di certi avvenimenti, e in particolare delle SS italiane, equivaleva a farne l´apologia!
Un ragionamento che sfiora l´assurdo e che, in altre parole, equivale a dire che in Italia chi tenta di fare ricerca storica obiettiva e scevra da pregiudizi riguardo il periodo 1943-45 è automaticamente un revisionista apologetico del fascismo e/o del nazismo. Conseguenza diretta di questo andazzo è che pertanto l´unico modo per evitare di vedersi appiccicare questa etichetta è conformarsi ai metodi usati dal dopoguerra a oggi, ovvero lasciarsi influenzare nella ricerca da una visione politica, ovviamente chiaramente orientata a sinistra, dei fatti storici. Va da sé che questo è l´esatto contrario della ricerca storica come la intendiamo noi, ovvero: innanzitutto la ricostruzione precisa e puntuale dei fatti e solamente dopo un approccio critico agli avvenimenti preventivamente ricostruiti, per darne eventualmente un giudizio politico. Se il percorso fosse inverso, invece, così come implicitamente auspicato da Arosio, ci troveremmo in una situazione nella quale l´opinione politica dell´autore, poco importa se di destra o di sinistra, finirebbe inevitabilmente per influenzare la ricostruzione dei fatti, che sarebbe così inaffidabile, come ben sa chiunque si interessi al periodo 1943-45 con un approccio asettico e imparziale.
Purtroppo questa è la situazione attuale in Italia, che gente come Arosio e giornali come "L´Espresso" intendono perpetuare senza però rendersi conto di due ovvietà: "le bugie hanno le gambe corte" e "il tempo è galantuomo". Pertanto decenni di pubblicazioni resistenziali (ovviamente, e per fortuna, non tutte) infarcite di esagerazioni, errori, menzogne, retorica gratuita sono destinate a venire smentite o comunque molto ridimensionate: questo è proprio l´effetto avuto dal nostro libro, di fronte al quale pertanto i vigili tutori dell´ordine costituito e della vulgata resistenziale, impersonificati nel caso specifico da Arosio e la sua testata, non potevano tacere.
Torniamo alla telefonata: il sig. Arosio, quindi, pur avendo scritto una serie di falsità gratuite a proposito del libro, pur avendo volgarmente attaccato il Prof. Filippani-Ronconi e altri personaggi, non si è vergognato di contattare dei - secondo lui - revisionisti e apologeti del fascismo per... chiedere loro aiuto a difendersi dalle accuse mosse dall´articolo di "Libero"! La domanda di Arosio è stata infatti la seguente: non potendo più chiedere al suo ex-direttore Livio Zanetti, purtroppo morto l´anno precedente, se era stato veramente nelle SS, aveva pensato bene di chiederlo a Corbatti e Nava! Incredibile faccia tosta... Noi siamo però persone educate e, a differenza di Arosio, non ci permettiamo di trattare male la gente, soprattutto se non la conosciamo. Pertanto, invece di mandarlo, come avrebbe invece meritato, direttamente a quel paese, gli abbiamo detto la verità, ovvero che conosciamo solamente i nomi degli ufficiali e di alcuni sottufficiali della divisione SS italiana e che quindi non possiamo né confermare né escludere che Livio Zanetti abbia fatto mai parte di tale unità. In altre parole: non lo sappiamo.
Da quel che ci risulta "L´Espresso" non ha mai replicato all´articolo di "Libero", quindi pensiamo che Zanetti abbia effettivamente fatto parte delle SS (e che quindi "Libero" avesse ragione); se è vero che era a Bolzano, è possibile che fosse in qualche comando SS o Polizei tedesco, magari come interprete/traduttore, quindi non direttamente subordinato al comando delle unità italiane delle SS, ma queste sono ovviamente solo supposizioni.
In questa vicenda intervennero poi anche due riviste di storia militare.
Oltre a confermare che il libro non è apologetico (e la cosa ci conforta non poco), sono molto valide le conclusioni di Poggiali, che sintetizzano efficacemente la situazione attuale e il diverso metro di giudizio per lo stesso fatto, a seconda dello schieramento politico cui appartiene il personaggio di volta in volta coinvolto.
Anche il direttore di "Storia del Novecento", Gianfranco La Vizzera, disse la sua sull´argomento nell´editoriale del numero di maggio 2001, traendone un´impeccabile conclusione: non sempre conviene tirare fuori gli scheletri dall´armadio...